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Capitolo 6

Caroline Morey

Un famoso domaine di Borgogna passa da Jean-Marc Morey a sua figlia Caroline.

Autori del capitolo

JEFFREY S. KINGSTON

Autori del capitolo

JEFFREY S. KINGSTON
Caroline Morey
Caroline Morey
Numero 18 Capitolo 6

Dietro ai vini che esprimono il TERROIR c’è una PROFONDA CONOSCENZA di ogni vigneto.

Nella Borgogna il vino è un affare di famiglia, probabilmente più che in ogni altra regione vinicola del mondo. I domaine (poderi) sono stati tramandati per generazioni all’interno delle stesse famiglie. Percorrendo insieme a Caroline Morey tre dei suoi pregiati vigneti di Premier Cru bianco a ChassagneMontrachet – Les Champs Gains, Les Chaumées e Les Caillerets – le sue descrizioni di ogni ondulazione del terreno, diversa da vigneto a vigneto, e persino le storie dei rilievi rocciosi che separano le differenti parcelle mostrano una palpabile conoscenza dei luoghi. Caroline non cerca di impressionare con quanto sa. Ma avendo trascorso tutta la sua esistenza a Chassagne, e in questi vigneti che le sono stati trasmessi da suo padre Jean-Marc Morey, il quale a sua volta li aveva ereditati dal nonno Albert Morey, ne parla come nessun novizio saprebbe fare. E naturalmente tutto ciò si ritrova nei vini che essa produce. Lei sa esattamente come ogni singolo vigneto si esprimerà attraverso i vini. Gli innamorati della Borgogna capiscono bene che in ciò consiste l’essenza del terroir, di un particolare terreno.

Caroline rappresenta la metà di quanto gli anglosassoni chiamano «a power couple». Anche suo marito, Pierre-Yves Colin, affonda infatti le sue radici nei dintorni di Chassagne. Pur essendo comproprietari di una cuverie (impianto di vinificazione) in pianura, a meno di un chilometro dal centro del villaggio in cui vivono, i vini di Caroline recano il suo nome e quelli di Pierre-Yves portano quello di lui. Perfino quando producono vini provenienti da vigne situate nello stesso vignoble (vigneto) – per esempio quello di Les Caillerets, dove i vini di Caroline occupano tre livelli e quelli di Pierre-Yves due livelli, rivolti a sud – la vinificazione e l’imbottigliamento procedono separati.

Se Caroline e Pierre-Yves sono una «coppia di potere» a Chassagne, come abbiamo visto, il loro villaggio trae la sua importanza dal fatto di trovarsi nell’epicentro dei migliori Chardonnay esistenti al mondo. Questa posizione è condivisa dal villaggio gemello, PulignyMontrachet. I puristi dei vini di Borgogna si arrabbierebbero senza dubbio nel sentir definire Puligny «villaggio gemello» di Chassagne, ma la storia e la geografia confermano questa mia definizione. Nel 1879 entrambi i villaggi hanno premesso al proprio nome quello di «Montrachet», chiara allusione al vigneto chiamato appunto Le Montrachet, che con i suoi otto ettari di terra benedetta si è conquistato il 

Caroline Morey
Il centro del villaggio di Chassagne tra la chiesa e il Municipio.

Il centro del villaggio di Chassagne tra la chiesa e il Municipio.

CHASSAGNE-MONTRACHET si trova nell’epicentro dei MIGLIORI CHARDONNAY esistenti al mondo.

titolo di vigneto di vino bianco più celebre del mondo. Non è esagerato dire che alcuni intenditori non capiscono pienamente quanto sia logico il fatto che i due villaggi abbiano inalberato la bandiera di Le Montrachet. Poiché tutti i vigneti Grand Cru sono situati quasi direttamente sopra il villaggio di Puligny, ben separati dal villaggio di Chassagne dalla Route Nationale N6, è facile cadere nella trappola e pensare che Le Montrachet e gli altri Grand Cru bianchi di Borgogna rientrino interamente nell’area di Puligny. In realtà Le Montrachet è diviso esattamente in parti uguali: quattro ettari rientrano nel Comune di Chassagne e quattro in quello di Puligny. La divisione, anche se non esattamente in due metà uguali, vale anche per Bâtard. Quanto agli altri tre Grand Cru, Chevalier e Bienvenues rientrano interamente nell’area di Puligny, mentre Criots è contenuto entro quella di Chassagne.

Ciò che vale in generale per la Borgogna vale anche per la composizione del terreno di Chassagne, che è assai varia. Al margine dei vigneti più elevati c’è una cava calcarea dalla quale, detto per inciso, proviene la pietra che è stata utilizzata per pavimentare il Trocadéro a Parigi, per non parlare dell’impiego locale per lapidi e caminetti. La collina in questione è quella di Les Caillerets, dove l’abbondanza di rocce e pietre gessose bianche rivela la sua relativa vicinanza con le falesie calcaree. Scendendo verso la zona pianeggiante come il vigneto Les Chaumées, situato sotto l’altura del villaggio e appena sopra la strada che collega Chassagne al villaggio di Santenay, il terreno assume un particolare colore rossastro, e presenta un minor numero di rocce bianche.

Di per sé il villaggio di Chassagne lascia intuire ben poco lo status prestigioso dei suoi vini. Oltre a due cantine per la vendita di vini e un ristorante situato sopra una delle cantine (ristorante che, nonostante la sua stella Michelin, fa ben poco per segnalare la sua presenza), nel villaggio non c’è nessun hotel, nessuna bottega. Tutti i segni di vita sono celati dietro i muri di pietre sbiancate, conservati impeccabilmente, che costeggiano le stradine. Il Municipio mostra qualche pretesa di grandiosità, ma essendo arretrato rispetto alla strada e fronteggiato da un parco, al pari di ogni altra cosa a Chassagne fa mostra di grande discrezione. Sono soltanto tre gli edifici degni di nota: il Municipio, una chiesa piuttosto austera e il vigneto di Les Murées, che sbocca fin nel centro del villaggio, adiacente alla chiesa.

Nonostante la preminenza attuale dei suoi Chardonnay, fino a un paio di generazioni fa i vigneti di Chassagne producevano prevalentemente vino rosso. Infatti quando Albert Morey, il nonno di Caroline, nel 1949 acquistò il vigneto Les Caillerets, l’intera area era coltivata a vino rosso. Certo, si trattava di Pinot Noir. È facile distinguere le varietà del Borgogna: i bianchi sono Chardonnay1, i rossi Pinot Noir – diversamente dal Châteauneuf-du-Pape, nella regione del Rodano meridionale che conta tredici varietà. Quel rapporto fra bianco e rosso si è capovolto completamente da quando la moda attuale premia i bianchi con prezzi molto più alti rispetto ai rossi. Come dice Caroline: «Chassagne è stata imbiancata.» Oggi, dopo lo «sbiancamento», tre quarti di tutti i premiers crus di Chassagne sono bianchi. Tuttavia il patrimonio ereditato da Caroline è equamente suddiviso tra bianchi e rossi. Suo padre, Jean-Marc, anche se è più famoso per i suoi bianchi, ha prodotto un certo numero di rossi premiati, tra i quali il Chassagne Les Champs Gains, il ChassagneMontrachet Village, il Beaune Grèves e due Santenays. Caroline ha l’intenzione di mantenere questa tradizione, e infatti sta sviluppando la produzione sia dei bianchi che dei rossi.

È interessante osservare il modo in cui Caroline è entrata in possesso del suo patrimonio, sfruttandolo come base per ampliare i suoi orizzonti. Ricordiamo che la produzione familiare di vino, pur con tutte le sue virtù – profilo personale, passione, artigianalità – implica fatalmente tensioni relative alla suddivisione ereditaria. Le norme che regolano la successione da una generazione all’altra implicano la suddivisione delle proprietà familiari tra fratelli e sorelle. L’esame della storia della famiglia Morey a Chassagne dimostra quanto andiamo dicendo. Il nonno di Caroline, Albert Morey, ha diviso le sue vigne tra i suoi due figli, Jean-Marc e Bernard (in seguito i vini di Bernard Morey sono passati ai suoi figli Vincent e Thomas, ognuno dei quali possiede ora un suo podere separato). A sua volta, la quota di Caroline rappresenta metà delle parcelle ereditate dal padre: l’altra metà è toccata a suo fratello. Per ampliare la propietà occorreva dunque acquistare. Caroline ha iniziato nel 2016 ad acquistare vigneti di vino bianco e rosso a Chassagne e nel comune adiacente di Santenay. Gran parte dell’interesse rappresentato da queste nuove parcelle consiste nel fatto di appartenere al Grand Cru CriotsBâtard-Montrachet. Nel loro insieme queste acquisizioni hanno più che raddoppiato le proprietà di Caroline. La prima annata di produzione è stata quella del 2017.

L’esperienza vitivinicola di Caroline è emersa chiaramente mentre percorrevamo insieme il territorio di Chassagne. Nella cuverie ho appreso che il suo background comprende tutti gli aspetti della viticoltura. Ha lavorato con suo padre per più di venti anni, imparando a valutare le sfumature esistenti tra i vigneti, la vinificazione, la cantina, l’imbottigliamento e persino l’amministrazione. Negli ultimi anni, prima di proporsi col proprio nome, ha gestito completamente il domaine di suo padre, potendo contare naturalmente sui suoi consigli. Tuttavia Caroline ha le sue idee, specialmente in materia di vini bianchi. Jean-Marc e i suoi vini erano la perfetta immagine l’uno degli altri. Esuberante, sempre gioioso, felice di abbandonarsi ai piaceri del cibo e dei vini di Borgogna, questo personaggio falstaffiano mostrava una pienezza gioconda, al pari dei suoi vini. Apprezzando particolarmente i frutti maturi, puntava sul raccolto dell’ultimo momento e sulla mescolanza dei vini e delle loro fecce nei barili (questa tecnica si chiama bâtonnage).

¹ Sono rarissime le zone in cui si coltiva l’Aligoté, apprezzato per fare il Kir, e una quantità microscopica di Pinot Gris. Comunque tutti i celebri Borgogna bianchi sono Chardonnay al 100%.

Vista sul villaggio di Chassagne dal vigneto Les Caillerets.

Vista sul villaggio di Chassagne dal vigneto Les Caillerets.

Caroline Morey
Serbatoi di fermentazione nella cuverie.

Serbatoi di fermentazione nella cuverie.

La filosofia di Caroline riguardo ai suoi vini bianchi consiste nel MINIMIZZARE GLI INTERVENTI.

Lo stile di Caroline è diverso. Lei vuole che i suoi vini valorizzino il terreno, il terroir. La sua filosofia consiste nel minimizzare gli interventi e la manipolazione dei suoi vini bianchi. Ciò significa che evita il bâtonnage prediletto da suo padre, preferendo lasciare che i vini interagiscano naturalmente con le fecce. A seconda del vigneto e dell’annata, include una grande percentuale di grappoli interi nella pressa. Per motivi dipendenti sia dalla tradizione che dallo spazio disponibile, suo padre pigiava le uve prima di metterle nel tino. Ovviamente l’uva pigiata può fermentare in tini più piccoli. Grazie al vasto spazio di cui essa dispone nella nuova cantina costruita insieme al marito PierreYves, Caroline è in grado di pigiare i grappoli nei tini di fermentazione. Una volta completata la fermentazione, il vino passa nelle botti insieme alle fecce fini. Come dice Caroline: «Lascio che le fecce compiano tutto il lavoro senza intervenire.» Quanto ai fusti, essa controlla strettamente la percentuale delle nuove botti di rovere. Troppa presenza di quercia nuova rischia di sopraffare e snaturare l’indole della vigna nel vino che ne risulta. Per ottenere il desiderato rapporto frutto/ quercia, Caroline preferisce infatti botti da 350 litri anziché quelle convenzionali da 228 litri.

Gli aficionados conoscono bene il problema dell’ossidazione prematura dei bianchi che tormenta i vinificatori della Borgogna dalla metà degli anni 1990, mentre «prima», nel periodo che gli amanti dei Borgogna chiamano spesso «i vecchi tempi», c’erano vini capaci di invecchiare con grazia, in molti casi per venti e più anni. A partire dalla metà degli anni 1990 la maggior parte dei Borgogna bianchi cominciano ad alterarsi in meno di tre o quattro anni. Caroline crede che un motivo importante sia la scarsa acidità. Quindi vendemmia prima che i livelli di acidità scendano troppo. Il risultato è una brillante freschezza e una promessa di lunga vita per i suoi bianchi.

Sotto molti aspetti il modo in cui Caroline produce i suoi bianchi, sia in vigna che in cantina, è simile a quello di Pierre-Yves. Entrambi sono del parere di vendemmiare quando c’è ancora abbastanza acidità per preservare e conservare il vino rispettando il criterio del minimo intervento. Altro punto in comune: entrambi usano sigilli di cera sulle loro bottiglie per scongiurare l’intrusione di ossigeno, che nuocerebbe al buon invecchiamento. Ciò non significa tuttavia che i due domaine siano identici. Ad esempio, sia Pierre-Yves che Caroline producono un Chassagne Les Caillerets. Ma siccome le vigne di lei (le viti Les Caillerets di Caroline hanno 50 anni) e quelle di lui provengono da diverse zone di questo Premier Cru, e la percentuale di nuove botti di rovere è leggermente inferiore nel caso di Caroline, i due vini Les Cailleret risultano leggermente diversi.

Caroline Morey

CAROLINE MOREY rappresenta la nuova andata di viticultrici. 

C’è un aspetto in cui Caroline si discosta da suo marito: possiede vigneti molto più grandi coltivati a Pinot Noir e produce quantità molto maggiori di Borgogna rosso. Durante la nostra conversazione, protrattasi per tutta la mattina, è emerso con chiarezza che il vino rosso le sta profondamente a cuore. Per i suoi bianchi, il principio di non intervento implica la necessità di prestare attenzione a ogni dettaglio, ma resistendo alla tentazione di intervenire per non alterare la natura del vino. D’altra parte la lavorazione dei rossi richiede continue valutazioni, manipolazioni e aggiustamenti. Durante la fermentazione le fecce e la schiuma salgono in superficie e, come vuole la tradizione, sono risospinti nel succo che sta fermentando. Questa operazione è chiamata remise en suspension. Il problema che deve affrontare il produttore è quando effettuarla e quante volte. Se si eccede si rischia di produrre un vino squilibrato, se non la si fa abbastanza il vino potrebbe risultare debole. Fino a quando i prezzi di mercato non hanno spinto a reimpiantare i bianchi, la zona di Chassagne era rinomata per i suoi delicati rossi fruttati. Non sono mai stati vinificati per imitare i rossi della Côte de Nuits molto apprezzati. In altre parole, non sono mai stati considerati dei sostituti di uno Chambertin Clos de Bèze o di un ricco Clos de Vougeot. Perciò Caroline non mira a ottenere troppa struttura o tannini intensi. Decide la percentuale di grappoli interi in base alla vigna e all’annata. La sua più recente annata di Chassagne rosso è stata vinificata con il 40% di grappoli integri. Quando fa la sua degustazione quotidiana durante la fermentazione e decide se deve effettuare la rimessa in sospensione, cerca la delicatezza, un fruttato rotondo ed elegante, non sovrastato dalla struttura. I suoi rossi di Chassagne, Santenay, Saint-Aubin e Beaune condividono tutti questo classico stile della Côte de Beaune.

Fino a pochi anni fa era raro trovare una viticultrice nella Borgogna o nel resto della Francia. Ciò non significa che non vi fossero donne di grande rilievo sulla scena del vino francese. Vengono subito alla mente i nomi di Corinne Mentzelopoulos di Château Margaux, May-Éliane de Lencquesaing di Château Pichon Lalande e Lalou Bize-Leroy del domaine Leroy e il domaine Romanée-Conti. Ma nonostante i loro grandi successi queste donne non erano viticultrici. Caroline Morey rappresenta il nuovo ordine che sta fiorendo nella Napa Valley della California e ora nella Borgogna (il lettore ricorderà che abbiamo descritto un’altra viticultrice nel numero 15 delle Lettres du Brassus, Anne Gros di Vosne-Romanée), dove le donne conquistano la ribalta grazie al talento che dimostrano nell’arte della vinificazione. •

Caroline Morey

Tasting Notes

SANTENAY ROUGE.
30% di grappoli integri. Vino facile, fruttato, con un piacevole sentore di fragola.

CHASSAGNE ROUGE.
Più profondo e intenso del Santenay. Ciliegia ben definita, sostenuta da una sottile nota di vaniglia

SANTENAY LES CORNIÈRES.
Bel vino lusinghiero. Sapori nitidi con sentori di limone candito e di rovere. Chiusura ben definita

CHASSAGNE LE CHÊNE.
Crescita della struttura. Aroma netto e dolce di agrumi, seguito da un finale ricco e intenso.

CHASSAGNE LES CHAMPS GAINS.
Struttura ancora più presente. Complesso, con un gioco di zeste di lime e vaniglia.

CHASSAGNE LES CHAUMÉES.
Molto strutturato. Vigneto ben presente attraverso note minerali. Essenze di frutta in evidenza. Note di pesca matura.

CHASSAGNE LES CAILLERETS.
Un po’ chiuso alla degustazione. I prodotti di questo vigneto richiedono almeno due o tre anni affinché il vino si apra. Ottima definizione delle note minerali e fruttate. Grande equilibrio tra frutta e acidità. Superba struttura e intensità.

Vendemmia 2015 imbottigliata a gennaio 2017, ad eccezione di Les Chaumées e Les Caillerets, che sono stati imbottigliati nell’aprile 2017. Degustato a maggio 2017. Se non espressamente indicati come rossi, tutti i vini citati sono bianchi.

SANTENAY LES CORNIÈRES.
Assaggiato da una botte di rovere nuova. Impressionante nell’ambito della sua tipologia. Lusinghieri sentori di albicocca

CHASSAGNE LE CHÊNE.
Nota: Caroline produce da questo vigneto vini sia bianchi che rossi. Viti di vent’anni. Molto più peso e note minerali rispetto al Santenay. Note di vaniglia burrosa.

CHASSAGNE LES CHAMPS GAINS.
Sostituite nel 2009 le vecchie viti di suo padre. Sentori piccanti di agrumi. Ottima intensità e struttura. Meraviglioso equilibrio delle note minerali. Spiccata acidità.

CHASSAGNE LES CHAUMÉES.
Assaggiato da botte di due anni. Sapore rotondo. Nota di zeste di lime e vaniglia. Finale lungo ricco.

CHASSAGNE LES CAILLERETS.
Assaggiato da una botte di rovere nuova. Stupenda struttura e intensità. Pesca e limone molto presenti. Superba maturazione. Perfetto equilibrio con la vaniglia. Finale molto ricco e lunga persistenza.

Vendemmia del 2016 degustata dalla botte a maggio 2017. Tutti vini bianchi.

Capitolo 07

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