Capitolo 5
Immaginate una distesa di terreni agricoli e una tranquilla vita rurale. Collocate al centro un faro, la cui luce proviene niente meno che Dal Pescatore, il ristorante più rinomato d’Italia.
Provate a immaginare per chilometri e chilometri un’area pianeggiante nell’Italia del nord, attraversata qua e là da viuzze di campagna e interrotta talvolta da argini che disegnano il paesaggio. La cittadina più vicina si trova a oltre mezz’ora di strada, mentre il primo agglomerato urbano importante è a 2 ore di distanza. Un unico hotel nel raggio di 5 km garantisce un alloggio rustico che dà su una piazza quasi deserta su cui si affacciano una chiesa e un piccolo caffè.
Al centro di questa scena immaginate ora un gruppo di tre piccoli edifici.
Quasi certamente, ciò che la vostra immaginazione ha creato abbraccia terreni agricoli, campi arati, balle di fieno, silos di grano, trattori e animali al pascolo.
Quel gruppetto di tre piccoli edifici probabilmente non migliora granché l’immagine serena e campagnola che avete in mente. In realtà quel piccolo gruppo di edifici, che porta il nome di Runate, accorpa sotto un unico tetto un articolato universo gastronomico che accoglie i suoi ospiti ogni giorno a pranzo e a cena. Entro queste mura si trova quello che è considerato il miglior ristorante d’Italia: Dal Pescatore della famiglia Santini.
Ogni ristorante autentico ha un’aura propria, un tocco personale, un tono che va ben oltre ciò che si scopre nel piatto. Dal Pescatore non fa eccezione alla regola. Dopo oltre tre ore di attenzioni infinite e dopo essere stati nutriti dalla famiglia Santini, ciò che rimane impresso è la magnifica sensazione di sospensione del tempo trascorso a tavola. Dal Pescatore le sensazioni prendono forma e l’emozione diventa calore familiare. Dal Pescatore appartiene indiscutibilmente ai rari templi della gastronomia che hanno meritato nel tempo l’onore delle tre stelle Michelin e lo mantengono da ben 23 anni. Nel frattempo la famiglia Santini è riuscita a conservare intatta l’accoglienza generosa e l’impronta familiare che si ritrova nell’ambiente, nel servizio e nel cibo. Nadia Santini, gentile e decisa, è al comando in cucina insieme al figlio maggiore Giovanni. Antonio si occupa con eleganza dell’accoglienza con il figlio più giovane. Alberto è il sommelier, desideroso di condividere la sua conoscenza enciclopedica dei vini italiani ma anche francesi, americani e australiani, oltre alle più rinomate regioni vinicole di tutto il mondo. E non bisogna assolutamente dimenticare Bruna, la mamma di Antonio, che – onnipresente e prodiga di consigli – cura amorevolmente anche il giardino delle erbe aromatiche. Il forte legame che tiene unita la famiglia ha radici profonde, che risalgono ben oltre le tre generazioni coinvolte attualmente, visto che il ristorante tiene alto il vessillo dei Santini da quasi un secolo.
Il nome Dal Pescatore (adottato nel 1970) è in qualche modo fuorviante, perché fa pensare che si tratti di un ristorante di pesce. In effetti storicamente era così, quando nel 1926 il nonno dell’attuale proprietario, Antonio Santini e la moglie Teresa aprirono insieme una semplice osteria. Sotto il nome precedente di «Vino e Pesce» questo ristorante proponeva un menu imperniato sul fritto di pesce d’acqua dolce proveniente dal piccolo ruscello dietro il ristorante (area oggi protetta), e sul vino locale, il Lambrusco. Lo stile di allora, che richiamava quello di una rustica osteria contadina, è tuttora vivo in alcuni piatti come il luccio con prezzemolo, acciughe e capperi.
Il figlio di Antonio e Teresa, Giovanni, ben instradato e preparato dai suoi genitori, ha dato il via all’ascesa e alla trasformazione graduale del ristorante «Vino e Pesce» con l’aiuto della moglie Bruna. Cucinando accanto alla suocera Teresa, Bruna non solo ha introdotto la pasta nei menu, ma ne ha fatta la sua specialità fino a proporre quello che diventerà un classico intramontabile della Casa, i tortelli di zucca. Mentre il menu si ampliava includendo carni arrostite, il ristorante puntava sempre più in alto, come mostra l’evoluzione del suo arredamento interno.
Quando il locale si guadagnò pienamente il titolo di «trattoria», venne anche il tempo di ribattezzare il ristorante. Il nome Dal Pescatore è diventato da allora in poi un vero e proprio suggello.
La terza generazione della famiglia Santini ha preso il timone quando il figlio di Giovanni e Bruna, Antonio, sposò Nadia, che oggi dirige la cucina insieme al figlio Giovanni (la quarta generazione). Fu la visione condivisa da Antonio e Nadia a trasformare nuovamente il ristorante Dal Pescatore di allora. Durante il loro viaggio di nozze in Francia nel 1974 visitarono alcune tra le stelle più luminose del firmamento Michelin: Bocuse, Haeberlin, Troisgros, Savoy, Pic, Guérard, Vergé, Ducasse. Nel corso del loro viaggio non solo i loro occhi hanno apprezzato la cucina di quel livello, ma in loro era cresciuto il desiderio di elevare un giorno Dal Pescatore alla vetta delle tre stelle.
La cosa più strabiliante della cucina di Nadia non è solo il fatto che abbia raggiunto questo riconoscimento riservato a pochi, le tre stelle appunto, ma come le ha ottenute. La prima stella nel 1982, la seconda nel 1987 e la terza nel 1996, riconfermata ogni anno senza interruzioni fino ai nostri giorni. Lascia stupefatti che abbia raggiunto questi livelli senza andare mai a confrontarsi altrove. Il tradizionale percorso per entrare nell’esclusivo «club» degli chef a tre stelle prevede di norma periodi trascorsi presso altre prestigiose cucine, scoprendo nuove ricette, tecniche specifiche, vari stili e segreti di altri maestri. Nadia, seguita e sostenuta da Bruna, che a sua volta non aveva prestato servizio presso altri ristoranti, ha fatto tutto da sola.
Ciò non vuol dire affatto che Antonio e Nadia si siano isolati dal vasto mondo gastronomico intorno a loro. Al contrario, sono diventati membri dei prestigiosi gruppi Relais & Châteaux e Grandes Tables du Monde, e qui hanno coltivato strette amicizie con molte delle più importanti figure dell’alta cucina, in particolare con Paul Bocuse, in compagnia del quale hanno cenato tre giorni prima della morte di Paul, sopraggiunta nel gennaio 2018. Come hanno stretto amicizia con Marc Haeberlin dell’Auberge de l’Ill a Illhaeusern (anch’esso un ristorante familiare con tre stelle Michelin e uno dei miei preferiti). Marc e Antonio si telefonano tutte le settimane.
Nulla nel paesaggio agricolo circostante lascia presagire la raffinatezza degli interni. Muri spugnati con tinte pastello, archi aggraziati su molte delle porte che dividono le stanze, caldi pavimenti di legno rivestiti di tappeti fatti a mano, tavoli ben distanziati... il tutto immerso in un’atmosfera lussuosa indiscutibilmente italiana. I Santini comunque hanno voluto dare un tocco giapponese agli ambienti. Ciascuna delle sale da pranzo è impreziosita da una grande parete di vetro che sale dal pavimento al soffitto e offre una vista idilliaca sul giardino. Proprio come se fossimo in un ristorante giapponese kaiseki o in una casa da tè di Kyoto, il giardino diventa parte integrante della stanza.
Si corre un certo rischio cenando in un ristorante italiano stellato Michelin: ci può essere una perdita di autenticità dovuta all’influenza degli ispettori Michelin e a un’indulgenza eccessiva verso la cucina francese. Scorrendo il menu Dal Pescatore con la sua ampia scelta di paste e risotti, per fortuna questi timori vengono fugati. Anche la lettura del menu degustazione concorre a tranquillizzare i clienti, a partire dalla famosa Composta di pomodori e melanzane con basilico fresco. Un quadrato di maturi pomodori italiani su un letto di melanzane irrorato con olio di oliva extra vergine toscano insaporito dal basilico e qualche goccia di aceto balsamico che i Santini producono e invecchiano direttamente sul retro della loro proprietà.
Di sicuro non c’è esempio migliore, per sottolineare la grande tradizione italiana e la storia specifica del Ristorante Dal Pescatore, dei Tortelli di zucca (zucca, amaretti, mostarda e Parmigiano Reggiano). Fu proprio Bruna a inserire questo piatto nel menu durante l’era della trattoria Dal Pescatore. Considerando il fatto che le righe che stiamo scrivendo vogliono e devono essere un resoconto autentico di avventure gastronomiche, è semplicemente impensabile non ordinare i tortelli di zucca ogni volta che si visita il ristorante. Questo piatto da solo vale ampiamente il viaggio di due ore necessario per raggiungere il ristorante partendo da Milano. Questi tortelli incarnano perfettamente la definizione che la Guida Michelin dà delle tre stelle: un’esperienza che «merita un viaggio». Si tratti di ravioli, di tortelli o di cappellacci ripieni di zucca, siamo di fronte a un caposaldo imprescindibile della cucina del nord Italia. In molti casi la sua preparazione ha un tocco in più, arricchita com’è con l’aggiunta degli amaretti di mandorle. Ciò che distingue la versione proposta Dal Pescatore è la mostarda, tipica preparazione di frutta candita con aggiunta di senape. Il frutto dipende dalle stagioni, ma il più delle volte si tratta di anguria bianca. La raffinatezza e la perfezione di questi tortelli è ultraterrena: risultano al contempo sapidi, dolci, fruttati, terrosi.
Altro riferimento assoluto, parlando di pasta, sono i Tortellini di Chianina con erbette al salto, cipolle rosse di Tropea, crema di piselli e pergamena di topinambur. Quante volte capita che il ripieno dei tortellini venga travolto e spazzato via dalla combinazione della pasta stessa e della salsa? Qui invece il sapore delicato e un po’ terroso della carne Chianina esplode. La stupenda salsa di piselli e topinambur, servita come accompagnamento, introduce sfumature sottili pur conservando alla carne di bue il ruolo centrale implicito nella preparazione del piatto. Alcune foglie di spinaci saltate e la cipolla rossa candita completano l’insieme di raro equilibrio.
Un trionfo sotto ogni aspetto, a partire dal suo colore abbagliante, ce l’offre il Risotto con piselli, asparagi, pane tostato alle erbe e bottarga di tonno. Luminoso nella sua veste color verde felce, è un vero e proprio inno alla primavera. Ben diverso da un classico risotto ai piselli o agli asparagi, dove i sapori sono spesso affievoliti da una certa perdita di leggerezza, offre con entrambe le verdure una straordinaria freschezza e un interesse accresciuto dal pane nero sbriciolato e grigliato. Anche il tipo di riso impiegato dona un tocco speciale, più raffinato dell’Arborio di tipo corrente usato per i risotti. Qui si tratta del semifino Vialone Nano, una varietà leggermente schiacciata, coltivata nelle zone di Mantova e Verona.
Non c’è dubbio: la famiglia Santini guarda ai legumi con autentica venerazione. La Misticanza dell’orto con orata marinata, mousse di melanzane, burrata e maionese allo zenzero, una delle creazioni di Giovanni, è la riprova di quanto andiamo dicendo. Danno vita al piatto alcune strisce verticali di carote perfettamente croccanti che formano una «P» all’interno della quale compare una tartare di orata, mentre altre verdure scottate con perizia, insieme alla mousse di melanzane, alla burrata e alla maionese allo zenzero completano il tutto. La bravura di un grande chef sta nel capire l’importanza della struttura di un piatto, esercizio nel quale Giovanni dimostra di trovarsi perfettamente a suo agio.
Altro piatto iconico dei Santini, in omaggio alla tradizione francese, è la Terrina di astice con caviale oscietra royal e olio extra vergine toscano. Come mai le terrine di questo tipo sono praticamente scomparse dal menu di tanti grandi ristoranti? Probabilmente perché non sono solo molto laboriose ma anche perché esigono perizia e precisione assoluta durante tutta la preparazione. La generosa fetta di terrina si presenta con copioso astice, cotto fino a diventare traslucido e sorretto dalla minima quantità necessaria di gelatina. L’equilibrio del piatto è assoluto, completato dalla generosa cucchiaiata di caviale, che senza eccedere apporta con la sua sapidità il giusto contrappunto al sapore delicato e dolce dell’astice.
Un’altra strizzatina d’occhio alla Francia, almeno nella scelta degli ingredienti, è rappresentata dalle Coscette di rana gratinate alle erbe fini. Le coscette di rana guardano forse verso le vicine regioni nord occidentali ma la loro preparazione resta ben ancorata al territorio. L’italianità di questo piatto si manifesta attraverso il radicchio, l’aceto balsamico e il formaggio serviti con le delicatissime e tenere coscette.
La selezione dei primi piatti comprende anche del foie gras scottato: Foie gras d’oca in padella con frutto della passione e vino passito. Il foie gras scottato, servito con un accordo fruttato e leggermente acidulo, è sinonimo di alta cucina in tutto il mondo. I Santini anche in questo caso danno un tocco personale che li distingue. Tanto per cominciare, qui si serve foie gras d’oca al posto del classico di anatra. Questo probabilmente è merito della stretta amicizia che lega i Santini agli Haeberlin, specializzati anche nella produzione di foie gras d’oca, di norma però servito sotto forma di terrina fredda… Personalissima risulta anche la salsa preparata con frutto della passione e Passito Veneto I Capitelli, un vino dolce che proviene dalla zona di Verona. Questo vino porta un tocco ancora più esotico al frutto della passione, aggiungendo note di albicocca secca, miele, mango e papaya. Naturalmente il miglior vino da abbinare al piatto è lo stesso usato per la preparazione, come suggerisce Alberto.
Parlando con Alberto della vera e propria venerazione per le tradizioni italiane nutrita a Dal Pescatore, abbiamo capito chiaramente che ci sono due secondi piatti sui quali Alberto era desideroso di attirare la nostra attenzione. Il primo è il Cappello da prete di manzo al Nebbiolo e Polenta gialla di Storo. Si tratta di un particolare taglio di manzo preparato a lenta cottura con polenta che, insieme, trascendono ogni possibile termine di riferimento. Questo taglio di manzo è una vera chicca della regione. Tagliando la carne in modo diverso rispetto a quanto avviene in qualsiasi altro posto del mondo, i macellai mantovani sono in grado di offrire un taglio anatomico pregiato da una sezione della spalla che altrimenti andrebbe perso. Il risultato, dopo una paziente e lenta cottura a bassa temperatura della carne e dopo averla irrorata con una riduzione di terroso Nebbiolo, ha dell’incredibile. Durante la cottura tutto il collagene della spalla si fonde con le fibre della carne rendendola morbidissima. Il suo gusto strepitoso è persistente in bocca. La delicatezza della carne è accompagnata dalla polenta di Storo in Trentino, contraddistinta da una straordinaria raffinatezza.
Il secondo piatto è l’Anguilla alla griglia, servita con radicchio. Un piatto erroneamente creduto semplice, che di fatto non lo è. I Santini riescono a proporre un’anguilla magistralmente grigliata che mantiene intatta la freschezza del prodotto e la consistenza naturalmente elastica delle carni insieme a una sublime crosta erbacea.
A ogni buon conto i piatti tradizionali preferiti da Alberto non devono distogliere l’attenzione da altri capolavori come la Sella di capriolo con salsa al Cabernet e mirtilli neri. Il rispetto del classicismo è assoluto in questo piatto. La sella di capriolo al sangue è cotta con perizia assoluta e servita con una salsa al cabernet/mirtillo.
È davvero esaltante ritrovare il classico zabaione che domina la carta dei dessert. È il protagonista della Meringa con mousse di pistacchio, mandorle e zabaione al Marsala. Troppo spesso lo zabaione viene diluito con l’aggiunta di panna montata in nome della leggerezza, ottenendo un risultato opposto rispetto a ciò che lo zabaione dovrebbe offrire: una consistenza sconfinata. I Santini hanno perfettamente interpretato il messaggio: due copiose dosi di zabaione sposate con una leggera mousse di pistacchio e meringhe, mandorle e cioccolato.
Lo zabaione è presente anche in una seconda proposta, la Torta di amaretti (caffè, panna, croccante, zabaione). Con i suoi strati composti di diversi ingredienti, non sarebbe sbagliato definirla una torta «Marjolaine» all’italiana. Offre al palato strati alternati di mousse, zabaione e amaretti, il tutto arricchito da mandorle croccanti caramellate.
Naturalmente viene proposto un dessert al cioccolato: Fondente al cioccolato guanaya con crumble croccante al cacao, pere al profumo d’arancia e gelato alla vaniglia. Qui la torta e la mousse al cioccolato, proposte secondo l’inconfondibile stile italiano moderatamente dolce, sposano una mousse di pere e gelato alla vaniglia. Classico e perfetto.
Invece di dilungarci in smisurati elenchi di superlativi per descrivere Dal Pescatore, consideriamo quanto segue. Probabilmente senza l’eccellenza della sua cucina, il calore dell’accoglienza familiare e la propensione generosa dei Santini, la lontananza e l’isolamento della sua posizione li avrebbero votati al fallimento. Nel caso dei Santini invece è accaduto esattamente il contrario. La qualità straordinaria della loro cucina ha permesso al Ristorante Dal Pescatore di ottenere un successo assoluto, garantendo tavoli sempre pieni e nonostante il viaggio necessario per raggiungerli. •