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Capitolo 11

KASHIWAYA

Un’esperienza a 3 stelle Michelin che, all’interno di uno stesso piatto, intreccia leggende, riti e celebrazioni stagionali.

Autori del capitolo

JEFFREY S. KINGSTON

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JEFFREY S. KINGSTON
KASHIWAYA
KASHIWAYA
Numero 24 Capitolo 11

Dall’esterno NESSUN INDIZIO lascia pre- sagire la presenza della CUCINA ISPIRATA, celata tra le pareti del Kashiwaya.

L’ingresso con una struttura in legno si trova in un quartiere di condomini come tanti, a venti minuti di auto dal movimentato centro di Osaka. Non si vedo­ no altri ristoranti nella zona. A dir la verità, nei dintorni non si trova alcun tipo di esercizio com­ merciale. Attraverso la stradina stretta stretta di fronte ai muri degli appartamenti, una barriera acu­ stica scherma l'autostrada. Eppure, l'umile cancello d'ingresso è un portale verso niente meno che il più grande ristorante di Osaka e uno dei più rinomati in tutto il Giappone.

Il più alto vertice della cucina giapponese è il pasto kaiseki, un viaggio di diverse ore in cui si intrecciano leggende, rituali, celebrazioni stagionali e storie rac­ contate dallo chef attraverso il cibo e accompagnate da disegni sui vassoi e sui piatti. In una recente cena, nel mese di maggio, al ristorante Kashiwaya, lo chef tre stelle Michelin Hideaki Matsuo ha invitato gli ospiti a imbarcarsi in un'avventura attraverso le leg­ gende giapponesi della celebrazione del ghiaccio, l'apertura della stagione dell'ayu, una tradizione familiare nata grazie ai suoi figli, le ispirazioni di una mostra di Art Deco e persino la pop art di Andy Warhol. Questi i temi proposti durante la sfilata delle portate.

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L'ascesa di Matsuo alla più prestigiose vette culinarie ha seguito un percorso non lineare, cominciato ai for­ nelli in giovane età. La sua prima passione infatti è stata la fisica nucleare, materia che ha potuto studiare e approfondire durante gli anni dell'università. La svolta è avvenuta, tra l’altro, dopo una cerimonia del tè: a celarsi dietro questa trasformazione vi è un tocco di misticismo. Al termine della cerimonia, Matsuo si rende conto che il suo ruolo di fisico è osservare e spiegare le cose che esistono in natura indipendente­ mente dalla sua creazione; la cerimonia del tè, invece, trascende gli studi di fisica: apre le porte all’invenzione. Ogni singola azione, ogni gesto unico ha il potere di creare la propria realtà. Poi Matsuo coglie un’ulteriore distinzione: il grande maestro delle cerimonie del tè, Sen­no­Rikyu, spiegava che, in una cerimonia del tè ben fatta, non sono necessarie parole per creare un messaggio e trasmetterne il significato all'ospite. Matsuo si convince di poter fare la stessa cosa con il cibo: piatti realizzati alla perfezione possono comuni­ care, senza bisogno di parole. Ancora più mistica per lui è la consapevolezza che molte azioni possano es­ sere sperimentate senza essere esplicitate in modo particolare. Il suo esempio per eccellenza è la dispo­ sizione delle bacchette. Lo chef osserva se un ospite è destrorso o mancino: se è mancino, adatta la presen­ tazione del cibo sul piatto in modo diverso rispetto a come farebbe per un ospite destrorso, sapendo che un ospite mancino comincerebbe ad assaggiare gli elementi presenti sul piatto in un ordine diverso. L'a­ dattamento della presentazione non viene percepito in maniera evidente dall'ospite, ma l’esperienza di degu­ stazione del pasto scorre in maniera armoniosa senza annunciare a gran voce questo premuroso dettaglio.

Dopo tre anni di formazione nei migliori ristoranti della prefettura di Shiga, Matsuo decide di tornare a Osaka. All’epoca il padre era già il proprietario dell’edificio in cui si trova attualmente il ristorante Kashiwaya. Sebbene abbia preso in considerazione l’idea di aprire un ristorante nel cuore della città, Matsuo pensa che, se riesce ad adattare l’edificio alle proprie esigenze e a proporre esperienze di degusta­ zione eccezionali, non è importante che il luogo sia a trenta minuti dal centro. Dunque arreda ogni singola stanza con un’atmosfera unica, mantenendo viva la grande tradizione giapponese. Per il piano superiore sceglie un design che richiama l’Art Deco. I tavoli, tutti bassi e poggiati sui dei tatami intrecciati, sono realizzati in legni pregiati o rifiniti con lacche nere brillanti. Le finestre si aprono sui tipici giardini di pietre a tema.

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Animato dagli stessi valori di Blancpain, lo chef Matsuo infonde nella propria arte una spiccata SENSIBILITÀ AMBIENTALE.

Animato dagli stessi valori di Blancpain, lo chef Matsuo infonde nella propria arte una spiccata sensi­ bilità ambientale. Il mantra di molti di coloro che realizzano l’approvvigionamento dei prodotti dal mare è “wild caught”, espressione con cui si indica che gli esemplari sono stati pescati direttamente in natura. Ma ha davvero senso quest’idea? Poiché la pesca eccessiva, o overfishing , minaccia la sopravvivenza a lungo termine di molte specie, Matsuo ha cercato soluzioni alternative creative. Ecco una breve storia che racconta perché la maggior parte dei prodotti it­ tici d'allevamento ha acquisito una cattiva reputazione in Giappone. Nel dopoguerra, l'attenzione era sulla produzione di pesce d'allevamento a basso costo, il prezzo era davvero il fattore trainante. Matsuo voleva produttori con una visione diversa, improntata sulla qualità, e questo, naturalmente, significava prezzi ele­ vati. Cita come esempio il dentice: un dentice di alta qualità richiede ben tre anni completi prima della raccolta. L'imperativo dei prezzi bassi ha spinto i pro­ duttori ad allevare il pesce per soli due anni, o meno, con prevedibili conseguenze sulla qualità. Sostenuti da chef che non fanno compromessi come Matsuo, oggi in Giappone esistono allevamenti ittici di prodotti marini di alta qualità a prezzi, di conseguenza, più elevati. Si tratta di pesce allevato per periodi più lunghi, in condizioni di minor affollamento nelle vasche, alimentato con diete più curate e senza ricorso eccessivo agli antibiotici. Con queste pratiche e un’at­ tenzione alla tutela delle specie selvatiche più fragili, Matsuo crede che i clienti stessi non solo accettino il pesce di questo tipo di allevamenti, ma addirittura lo accolgano con entusiasmo. Dopotutto, come tiene a precisare lo chef, tutti accettiamo di mangiare carne bovina e pollame d’allevamento. Il suo impegno per le pratiche sostenibili gli è valso la Stella Verde Michelin, assegnata ogni anno a quei ristoranti che si attengono a standard ambientali etici e lavorano con fornitori attenti a osservare standard sostenibili.

 

KASHIWAYA
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Ciascuna camera privata del Kashiwaya possiede un’ATMOSFERA UNICA.

La cucina di Matsuo è kaiseki, e ci tiene a precisare che si tratta del kaiseki di Osaka, da distinguere dallo stile di Kyoto. Le tradizioni di Kyoto sono aristocratiche, nate dalla sua storia di capitale imperiale del Giappone. La cultura di Osaka, invece, era commerciale. I costu­ mi di Osaka privilegiavano preparazioni di maggiore potenza gustativa e dall’impatto immediato. La prefe­ renza per il konbu, l'alga kelp, ingrediente dominante ed essenziale del dashi giapponese, illustra il divario tra Osaka e Kyoto. Il dashi di Osaka viene preparato più spesso con il ma­konbu, che produce una salsa più scu­ ra e decisa. Lo stile di Kyoto privilegia un dashi chiaro.

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Una recente cena di fine maggio è iniziata con una storia illustrata magistralmente. Giugno è il periodo dei festival del ghiaccio in Giappone, celebrati nei san­ tuari di tutto il Paese. Prima dell'avvento dei sistemi di refrigerazione moderni, il ghiaccio invernale veni­ va accumulato nelle grotte di montagna. All'inizio dell'estate, poi, si trasportavano blocchi di ghiaccio alla nobiltà, con evidente finalità di attenuare l'arrivo del caldo torrido. Matsuo ha voluto richiamare questa tradizione presentando una foglia di loto su tofu di Himuro racchiusa in una fresca gelée che ricorda la forma di un blocco di ghiaccio dei festival estivi. Ada­ giata sopra la creazione vi è una nuvola di ricci di mare accompagnata da caviale giapponese. Ad apportare una piacevole consistenza al piatto, una dadolata croc­ cante di cubetti di igname. Le note vegetali sono for­ nite da steli di junsai fluttuanti su una gelée attorno al piatto che simboleggia il ghiaccio sciolto dal blocco. Questa presentazione ad effetto è accompagnata figu­ rano una piccola bowl di sakè ghiacciato Matsuno­ Tsukasa Kimoto Junmai.

Il piatto successivo, concepito attorno al pesce hamo, è una rivelazione. Nella maggior parte dei casi l'hamo rimane dietro le quinte, timido sia nel gusto che nella consistenza. Matsuo lo porta alla ribalta cuocendolo nell'olio, in modo tale da conferirgli una consistenza e un'intensità di sapore che non si trovano nelle pre­ sentazioni abituali. Sopra all’hamo lo chef propone l’iwatake, un lichene nero che cresce sulle rocce dei torrenti di montagna, e pepe verde Manganji, che con­ ferisce al piatto note di paprika. La parte croccante viene fornita dai pinoli tostati attorno alla portata. Una preparazione che attrae in ogni sua dimensione. In abbinamento all'hamo, uno Champagne Heidsieck.

Segue una zuppa che, tra l'altro, riprende il tema del ghiaccio del primo piatto, ma in modo diverso. Seb­ bene in passato il ghiaccio venisse frantumato da martelli che creavano forme irregolari, in questa portata il rimando al ghiaccio è di forma regolare, presentato come un triangolo con fagioli rossi che figurano in qualche modo come pietre di passaggio sulla superficie. Accanto, pesce pietra e cetriolo. Per bilanciare la ricchezza del dashi in stile Osaka, Matsuo completa il piatto con un tortino di prugne. Un Passetoutgrains del Domaine Fontaine­Gagnard accompagna il tutto.

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I piatti da portata sono elementi importanti; ognuno sfoggia una forma e un’immagine IN SINTONIA CON LA RICETTA IN QUESTIONE.

Nella cucina kaiseki, il design del vassoio è molto im­ portante, in quanto ogni portata offre un’immagine e una forma che si sposa con il tema che tale portata racconta. Per la portata di sashimi dopo la zuppa, il bordo superiore della ciotola presenta una filigrana simile a un merletto che richiama le alghe. Il sashimi di platessa, sugarello e gambero, accompagnato da un gambo di pepe shiso in fiore, è presentato come un ritratto. Al posto di una salsa ponzu più convenzionale, Matsuo serve una salsa di soia e prugne con un fondo lucido di palamita, e lo accompagna con un sakè Dai­ ginjo.

Alla richiesta di nominare un piatto simbolo di Kashiwaya, Matsuo risponde senza esitazione: il soufflé. I soufflé non sono entrati nel suo repertorio tra i fornelli del ristorante, bensì tra quelli di casa: mentre preparava un soufflé con burro e farina per sua figlia, gli venne un’idea per un soufflé senza burro né farina da servire al Kashiwaya come piatto giapponese. Decise dunque di rivisitare la preparazione aggiun­ gendo diverse verdure. In questa cena il soufflé presenta una base di barbabietola rossa esaltata da una pasta di pinoli, palamita e lumachine di mare. Viene presentato in un pirottino racchiuso in una grata di legno a forma di barile di sakè. Ogni boccone rivela una dimensione a sé stante: il dolce, seguito dal salato, e infine dall'umami. La concentrazione di sapori è eccezionale. Degustando un vino pregiato si parla spesso di lunghezza, di persistenza del sapore al palato. Il soufflé di Matsuo merita la stessa descrizione.

I rimandi al ghiaccio e alla stagione estiva fanno ritor­ no nel piatto a seguire, un assortimento di tre abbina­ menti presentati in tre bicchierini separati. In questa portata è evidente come Matsuo inserisca una piccola sorpresa in ogni preparazione. Il primo è una combi­ nazione yin­yang di abalone, cetriolo e peperoncino. Ogni boccone rivela una dimensione a sé stante, tra il fresco del cetriolo e il piccante del peperoncino. Il se­ condo ha come protagonista il grongo. Riconoscendo la minaccia alla specie di anguilla comune, Matsuo ora serve solo gronghi sostenibili. In contrasto con la personalità dolce­speziata del bicchierino di abalone, vi è il dolce­salato apportato dalla combinazione di grongo, sedano bianco e myouga (simile allo zenzero). Nel terzo bicchierino a base di verdure con patata dolce, alcheghengi, fava e daikon grattugiato (dolce/ acido), la radice intensifica il tema del ghiaccio con il suo aspetto simile alla neve.

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La PRIMAVERA è la stagione dell’AYU, un pesce d’acqua dolce proveniente dal lago Biwa.

Dalla tarda primavera all'estate, l'ayu è protagonista della cucina giapponese. L'ayu è un piccolo pesce d'ac­ qua dolce proveniente dal lago Biwa, non lontano da Osaka. Matsuo griglia il suo ayu su carbone binchotan: il pesce ha un sentore amaro e viene mangiato dalla testa alla coda, e la testa è proprio l'elemento più amaro. Matsuo crea un'interessante chimica con l'aceto tade posto accanto al pesce grigliato. Il tade viene talvolta chiamato “foglia amara” o “pepe d'acqua” ed è menzionato anche in un proverbio asiatico. Apporta un sapore deciso simile alla scorza d'arancia e conferisce la sua tonalità verde all'aceto. Quando viene immerso nell'aceto di tade, l'amarezza naturale del pesce scompare e la combinazione produce una meravigliosa e inaspettata dolcezza.

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ANDY WARHOL è la fonte di ispirazione di uno dei dessert dello chef Matsuo.

La portata di verdure arriva al tavolo in una ciotola coperta con un motivo a ombrello giapponese. La combinazione stagionale offre melanzane, taro, glutine di frumento colorato con alghe (aonori-fu) e una sottile guaina costituita da pelle di glutine di frumento (yuba). A dare vita all'assemblaggio sono finissimi fili di zenzero ammorbidito che ricoprono i tre bicchierini.

Tradizionalmente, la sfilata di gustose portate kaiseki si conclude con il riso presentato in un immenso cal­ derone e offerto nella porzione desiderata dal com­ mensale. In questo caso Matsuo apporta un’ulteriore dimensione al riso cucinandolo con il mais bianco. Il mix di mais e riso è condito con polpo freddo sotta­ ceto, pesce grugnitore (simile alla spigola), cetriolo, pepe shiso, myouga e prugna. Il pesce in salamoia, le verdure e il peperone conferiscono un'intrigante vivacità al riso.

Andy Warhol fa la sua apparizione nella prima por­tata di dessert: i cerchi dai colori vivaci sono un tema ricorrente nell'opera di Warhol e una mostra ha dato l'ispirazione a Matsuo per questo dessert. Lo chef ha assemblato piccole sfere di ciliegia, uva, melone verde, ananas, kiwi e anguria che riprendono i moti­ vi del design di Warhol: l’effetto è visivamente stupe­ facente. Ad aggiungere ulteriore luminosità ai colori, una splendida gelée al miele e vino bianco italiano.

Per concludere il pasto, Matsuo prepara uno spicchio di hisui (una gelatina color giada), cubetti di gelatina di latte di soia ricoperti da una salsa allo zucchero di canna. Naturalmente, i dadi di soia bianca chiudono il cerchio della serata con il tema di apertura, il ghiaccio.

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Matsuo ha aperto un secondo ristorante nel centro di Osaka: dalle dimensioni intime e con servizio al banco, si trova a un piano superiore di un edificio adibito a uffici e ristoranti. Lo gestisce lo chef Takahashi, che ha iniziato la sua carriera culinaria all'età di 19 anni e lavora con Matsuo da 28 anni. Sebbene il servizio al tavolo conferisca un’atmosfera informale, lo stile fa eco in ogni dettaglio a Matsuo. Non vi è alcun compromesso circa la qualità: il risto­ rante, noto come Kashiwaya Kitashinchi, ha ottenu­ to una stella Michelin. Un po' meno elaborato nella cucina proposta, in linea con l'ambiente più informa­ le, il giorno successivo Kashiwaya Kitashinchi evo­ cava gli stessi temi del ghiaccio, anche se attraverso modalità espressive differenti. La prima portata, a base di ricci di mare, gamberi, patate dolci, junsai, foglie di shiso e okura, viene servita in una cavità ri­ cavata in un gigantesco blocco di ghiaccio trasparente. Inusuale in Giappone, l’esperienza kaiseki include l'anatra in una delle sue portate: dalla cottura perfet­ tamente rosata, le fette di petto sono servite con me­ lanzana, pepe shishito e senape.

Michelin non conferisce le sue stelle in modo casuale e guadagnarsele è sempre una grande impresa. Deten­ tore di quattro stelle Michelin e dell'importantissima Stella Verde, Hideaki Matsuo attira intenditori entu­ siasti da tutto il Giappone e turisti da tutto il mondo in cerca di un'avventura culinaria senza precedenti. 

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EDITORE
Blancpain SA
Le Rocher 12
1348 Le Brassus, Svizzera
Tel.: +41 21 796 36 36
www.blancpain.com
www.blancpain-ocean-commitment.com
info@blancpain.com


COMITATO DI REDAZIONE
Marc A. Hayek
Alexios Kitsopoulos
Christel Räber Beccia
Jeffrey S. Kingston


RESPONSABILE DEL PROGETTO
Christel Räber Beccia


CAPOREDATTORI
Christel Räber Beccia
Jeffrey S. Kingston


AUTORI;
Jeffrey S. Kingston
Antonin Guilbert
Jason Heaton
Katie Thompson


ADATTAMENTO ITALIANO
Acolad


CORREZIONE BOZZE
Blancpain
Acolad

 

GRAPHIC DESIGN. LAYOUT
Tatin Design Enterprises GmbH
www.tde.tatin.info


DIREZIONE ARTISTICA
Marie-Anne Räber
Oliver Mayer


FOTOLITOGRAFIA
Sturm AG


PRESTAMPA, STAMPA
Courvoisier-Gassmann SA


FOTOGRAFIE DEGLI OROLOGI
JVA Studios SA
Blancpain 
Renaud Kritzinger
Mélody Sauvain


ALTRE FOTOGRAFIE, ILLUSTRAZIONI
(ELENCO PARZIALE)
Blancpain
Laurent Ballesta
Thomas Pavy
Gil Kebaïli
Etienne Menager
Hubert de Castelbajac
PADI
Kashiwaya
Domaine Dujac
Les Gens Bien Productions

Stampato nel settembre 2024

 

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