Capitolo 9
Per la Michelin è uno chef da tre stelle. Christopher Coutanceau preferisce definirsi uno «chef-pescatore».
Ogni giorno, tutto inizia con la criée. Criée è una parola francese che si colloca al crocevia tra un mercato del pesce all’ingrosso e una borsa merci. Questo nome deriva dalle usanze di un tempo. Prima dell’alba, i pescatori che rientravano in porto dopo la notte di lavoro in mare esponevano il loro bottino in casse e vasche. Come negli scambi di tutto il mondo, il mezzo di comunicazione per le offerte erano gli annunci urlati dei prodotti in vendita, a cui facevano eco le grida di risposta. Poiché l’equivalente francese di «gridare» è crier, questa parola ha dato il nome al mercato di scambi del pesce. Oggi, sia pure in un silenzio non reverenziale, prevale una relativa tranquillità, poiché le grida sono state sostituite da un sistema elettronico usato per la pubblicazione dei lotti e la registrazione delle offerte per il pesce appena arrivato. Se si esclude questo tocco di modernità, i rituali rimangono in gran parte immutati. Ogni mattina, lo chef Christopher Coutanceau o uno dei suoi due senior chef vanno alla criée di La Rochelle ad acquistare la selezione di pesce del giorno per il loro ristorante tre stelle Michelin, anch’esso adiacente al porto.
Lo chef Coutanceau si definisce cuisinierpêcheur, chef-pescatore. La seconda parola potrebbe non esprimere chiaramente la sua devozione per l’oceano e la sua salvaguardia ma, conoscendo meglio le sue esperienze di vita, il collegamento risulta evidente. Quando era piccolo, il nonno gli insegnò a pescare e da allora la pesca ebbe un ruolo importante nella sua vita. Come tutti i pescatori di talento, imparò a conoscere l’acqua e, di conseguenza, maturò anche una profonda conoscenza della vita marina. Studiare da vicino l’oceano e i suoi ecosistemi e prenderne consapevolezza alimentò il suo impegno per la conservazione e la sostenibilità. In questo ambito, Coutanceau sostiene una causa comune con Blancpain e con le nostre molteplici iniziative ambientali che rientrano nell’iniziativa Ocean Commitment.
Molti esponenti del mondo alimentare hanno adottato il mantra della sostenibilità e della protezione dell’ambiente. Ma qual è il vero significato di queste dichiarazioni di sostenibilità? Si tratta di semplice greenwashing oppure queste affermazioni sono avvalorate da riflessioni e studi approfonditi che generano iniziative positive? Nel caso di Coutanceau, la fase di analisi ha dato vita a un’ampia gamma di azioni di sostenibilità. Quando parla del suo impegno per la conservazione degli oceani, lo chef si appassiona e arriva quasi subito a trattare un aspetto del suo impegno che molti trascurano: la stagionalità. Il calendario annuale, unito alla sua conoscenza dei cicli vitali marini, permette di sapere quali specie di pesce si possono consumare e quando. Infatti, il suo libro di cucina appena uscito si intitola Les Saisons de l’Océan (Le stagioni dell’oceano). In che modo le stagioni dell’oceano sono connesse con la sostenibilità e la protezione delle risorse? Questo legame è facilmente spiegabile con qualche esempio. In tutta Europa, il bar de ligne (termine che include varie specie imparentate con il branzino) è presente nei menu dei ristoranti e sui banchi del pesce per tutto l’anno. Tuttavia, il periodo critico per la riproduzione del bar va da gennaio ad aprile. Per contribuire all’importante propagazione di queste specie, Coutanceau evita di proporre il bar durante questi mesi così decisivi per la sua riproduzione. Un approccio simile è alla base della sua selezione di scampi. Questi ultimi sono presenti nel suo repertorio solo da giugno a ottobre, in modo che possano riprodursi negli altri mesi dell’anno. Allo stesso modo, lo chef prepara le Saint-Jacques (le capesante) esclusivamente nel periodo da ottobre ad aprile.
Naturalmente, la stagionalità non è un concetto estraneo alla gastronomia. In fondo, nessuno brama i pomodori d’inverno, che sono di stagione dall’estate all’inizio dell’autunno. Allo stesso modo, c’è una stagione per i funghi selvatici. L’agnello da latte arriva in primavera. E l’elenco sarebbe ancora lungo. Ma la filosofia stagionale di Coutanceau non si limita a questo. Per la frutta e la verdura, la stagionalità coincide con i periodi in cui i prodotti offrono una qualità maggiore. Non c’è rischio che i pomodori si estinguano, se consumati «fuori stagione». La stagionalità rispettata dallo chef ha radici più profonde, strettamente legate con la tutela di risorse fragili.
Anche i metodi di pesca sono prioritari nella sua riflessione ambientale. Per contribuire alla salvaguardia della popolazione di bar, lo chef seleziona solo esemplari catturati con la lenza e con un’età compresa tra quattro e cinque anni. A differenza dei pesci catturati con la rete, i giovani bar pescati con la lenza si possono rilasciare nell’oceano. In questo modo, gli esemplari giovani e più piccoli possono riprodursi ancora per parecchi anni. Oltre a privilegiare la pesca con la lenza rispetto a quella con le reti, Coutanceau denuncia i sistemi di pesca che utilizzano l’elettricità e gli esplosivi. Questi metodi, oltre a non essere selettivi nei confronti dei pesci da catturare, uccidono inutilmente i pesci non adatti al consumo. Inoltre, i pesci che si desidera catturare sono di qualità inferiore, a causa dello stress associato a questi metodi.
La dedizione dello chef alla protezione degli oceani si spinge ancora oltre quando si affronta il tema della plastica. Consapevole del fatto che la plastica si scompone in microparticelle che vengono ingerite dalla fauna marina, si è impegnato per evitare che la plastica finisca in mare.
La seconda parte della sua propria descrizione di cuisinier-pêcheur indica l’impegno per la conservazione degli oceani, ma la prima parte, cuisinier, è affrontata in modo altrettanto rigoroso. La sua formazione come chef è iniziata nell’École hôtelière (la scuola alberghiera) di La Rochelle. In seguito, ha fatto tappa da molti degli chef più rinomati del nostro tempo: Joël Robuchon, Denis Martin, Ferran Adrià, Jean Bardet, Gaston Lenôtre, Pierre Hermé e Alain Ducasse. Dopo questo periodo di apprendistato, è tornato a La Rochelle per lavorare insieme al padre, che si era aggiudicato due stelle Michelin. All’epoca, il ristorante non era esclusivamente a base di pesce e, dopo essere subentrato al padre nel 2007, inizialmente Christopher Coutanceau conservò un menu simile. Tutto cambiò nel 2017, quando lo chef trasformò completamente sia gli interni del ristorante sia i suoi obiettivi. Non solo rivisitò il menu per concentrarsi sull’oceano, ma aggiunse anche un ulteriore imperativo: offrire solo pesce e frutti di mare locali. La terza stella Michelin non tardò ad arrivare e gli fu assegnata nel 2020. Michelin assegnò a Coutanceau anche un altro riconoscimento. Il primo anno della sua creazione, Michelin conferì allo chef il premio per la gastronomia sostenibile.
Entrando nel ristorante, il tema dell’oceano è in primissimo piano: si viene accolti da una serie di vetrate affacciate sul mare e da un soffitto che riprende la forma delle onde. Anche la disposizione dei tavoli sembra rievocare un mare calmo. Uno straordinario assortimento di mini-antipasti traghetta il commensale verso il pasto. Coutanceau li chiama Bouquets vivants en fine gelée, plantes marines. Da subito, lo chef ci rivela uno dei suoi tratti distintivi. Per molte delle sue preparazioni, preferisce ricorrere a piante oceaniche per apportare note vegetali. Il primo mini-antipasto ne è un perfetto esempio: una gelée di sgombro e ostriche che assume la forma di un disco colorato arricchito con alghe. Seguono tre abbinamenti eterei: granchio e uva al verjus, delicata tartare di branzino con funghi e, infine, scampi cotti nel burro bilanciati dalle note terrose di un’emulsione di porcini e castagne.
Una visita all’alba alla criée dà forma ad altri antipasti per la serata. Scrutando il pescato del giorno, Coutanceau nota una splendida selezione di rouget (triglie). Senza un attimo di esitazione, se le fa confezionare. Un’altra ispirazione gli viene da un lotto di bigorneaux (littorine).
Un piatto emblematico della casa e che dimostra la sua sensibilità ambientale sono le sardines de la tête à la queue (sardine dalla testa alla coda). Quattro grandi sardine fresche e lucenti vengono presentate con preparazioni differenti: l’impera- tivo è che nessuna parte della sardina vada sprecata. La parte principale del corpo domina il piatto con due metodi di cottura: due sardine alla griglia e due marinate. È stata utilizzata anche la testa, che costituisce la base della salsa vinaigrette. Neanche le lische vengono sprecate: una volta fritte, conferiscono al piatto una croccantezza sottile e raffinata. Infine, nel piatto c’è una tartare di sardine con verdure oceaniche, accompagnata da un bouillon di sardine in stile dashi con alghe. Il tutto compone un’autentica lectio magistralis che celebra le sardine. È come se Coutanceau stesse spiegando ai suoi allievi «guardate questo... ora provate quest’altro...», illustrando le molteplici dimensioni delle sardine, mentre ogni boccone rivela una nuova espressione di questo pesce.
Il prestigioso titolo di tre stelle Michelin richiede virtuosismi tecnici. Il menu degustazione di novembre conferma l’eccellenza di Coutanceau. Gamberi, capesante, rana pescatrice, anguilla e ostriche dimostrano in modo eclatante la portata delle sue abilità.
Un tocco di delicatezza contraddistingue le crevettes (gamberi). I gamberi appena cotti, ricoperti di gelée di gamberi, sono serviti con polvere di tapioca e lattuga di mare. Nulla viene sprecato, poiché il commensale è invitato a mangiare le teste, oltre al corpo. I sapori esplodono semplicemente sul palato.
Per le capesante, lo chef ha fatto emergere tre personalità distinte da questo mollusco: corpo polposo e leggermente grigliato, piede croccante e carpaccio al lime. Gli abbinamenti sono inaspettati: brodo di pollo concentrato dal colore intenso accentuato dal dragoncello, disco di sedano rapa alla griglia e sorbetto al lime. Un vero e proprio trionfo che presenta l’ingrediente principale da varie prospettive.
Gli ortaggi a radice, presenti in una delle preparazioni di capesante, fanno un’altra apparizione con la rana pescatrice: Lotte à la broche: carbonara de courge et coques, fumet au caviar Kristal. Carbonara non si riferisce alla pasta romana, bensì al lardo di Colonnata, leggermente affumicato, che avvolge la rana pescatrice. La salsa al fumetto di pesce al burro, impreziosita dal caviale, funge da ponte tra la rana pescatrice e un rettangolo di zucca grigliata.
Tecniche completamente diverse sono state sfoggiate con la sua sorprendente preparazione dell’anguilla: Anguille et jaune d’oeuf de poule à l’hélichryse, poireaux. Il piatto compone una sinfonia di sapori e consistenze: l’anguilla delicatamente affumicata, il tuorlo che conferisce ricchezza, i porri che aggiungono note dolci e l’aceto balsamico bianco che fa da contrappunto alla ricchezza dell’anguilla e dell’uovo. Persino il tuorlo dimostra carattere, distinguendosi dalle normali preparazioni, grazie alla cottura in camicia a temperatura ambiente in aceto balsamico bianco, per una consistenza seducente e pastosa.
Quante volte le ostriche vengono servite come portata principale? Praticamente in tutto il mondo sono relegate all’inizio del pasto. Qualunque siano i motivi che ostacolano il loro ingresso nel piatto principale, Coutanceau le vede in modo diverso, come dimostrano le Huîtres Fines de Claire: au feu de bois et choux-fleurs, marine, curry, mertensie. Le ostriche sono presentate in tre modi diversi: alla griglia, in camicia e in tempura con burro alle alghe. Anche il cavolfiore riveste un duplice ruolo: alla griglia con tocchi di curry e sottaceto. Il tutto è accompagnato da una salsa di anatra densa, ricca e scura.
L’aragosta di Coutanceau è esemplare:
Civet gourmand de homard Breton pour mon papa, petits légumes de saison et raviole de champignons. La preparazione tende al classicismo, con accenti freschi. La salsa inizia come una tradizionale homardine concentrata, ravvivata da un pizzico di zenzero. Le carote, i finocchi e i ravioli di funghi fanno da contraltare alla dolcezza dell’astice, cotto alla perfezione fino a diventare traslucido. Per chi desidera un’overdose di aragosta, la versione di Coutanceau è imperdibile.
Invece di un salto abissale dal mare ai dolci, Coutanceau ha creato un ponte. Coquillage glacé à la poire/dulse et gingembre è un piatto sospeso fra questi due mondi. La metà salata e marina è caratterizzata da un denso anello di mousse di olive che circonda un raffinato nido di alghe, il quale racchiude, a sua volta, la metà dolce, la purea di pere enfatizzata dallo zenzero. Entrambe le metà sono presentate con una schiuma di agrumi iodée che corona l’insieme.
Le note oceaniche si ritrovano anche nella successiva Déclinaison d’agrumes de saison, arête au sarrasin, haddock fumé, sia pure in proporzioni differenti: non più metà e metà come nel caso della pera, bensì tre quarti e un quarto. Gli elementi centrali sono il sorbetto al frutto della passione ed eglefino e il sorbetto agli agrumi e miele. Poggiano entrambi su una polvere di eglefino e sono sormontati da un biscotto di grano saraceno a forma di lisca di pesce. Accanto trovano posto piccole sfere di crema pasticcera agli agrumi.
Più tradizionale, invece, è il Soufflé à l’angélique/Reine des Reinettes et verjus. La mela in tre varianti: un classico soufflé con una perfetta superficie caramellata e croccante, servito accanto a un sorbetto alla mela verde e lime inserito in una mela scavata e chips di bucce di mela essiccate con mandorle.
Ogni pasto si chiude con una selezione di cioccolatini dal gusto intenso e mou al caramello salato.
Con il porto raccolto, sul quale vegliano tre fortezze in pietra, e il labirinto di portici, La Rochelle è sempre stata un affascinante gioiello balneare. Oggi, le sue attrattive brillano ancora di più grazie a Coutanceau, che ha arricchito La Rochelle con il miglior ristorante di pesce di tutta la Francia.